Il Viola

Pronti, partenza… Viola!
viola
(tratto dal libro: “La Cromo-Terapia Simbolica e il potere del doppio trio di fondamentali, Saverio Caffarelli, ed. medicalinformation.it in vendita su amazon)


Il viola ha una frequenza che ci aiuta a predisporci al cambiamento.

Avvolti dalla frenesia, dall’impazienza o dalla passività e paura fingiamo di voler cambiare mentre fuggiamo dal successo possibile delle nostre intenzioni.

Questo colore ci suggerisce di “fermarci” ad osservare il possibile cambiamento senza attuarlo, ascoltare le nostre reazioni emotive.

Il Viola è il primo colore alla base della Piramide Cromo-Emotiva ed è composto dalla mescolanza fra i colori della “punta” più calda della gamma dei colori (attività e passione) e la “base” più fredda (consapevolezza/tranquillità emotiva/volontà), come dire: “mi Attivo Tranquillamente”, quindi è il colore del cambiamento, della transizione, della trasformazione e della capacità di prendere decisioni. Rappresenta anche l’ATTO-di-VOLONTA’ in termini di accordo fra la nostra capacità di agire (rosso) e di essere consapevoli delle nostre volontà (blu). Predispone a vivere positivamente il passaggio dal malessere al benessere e il cambiamento in generale. E’ il colore con la più bassa lunghezza d’onda e quindi con la maggior frequenza, ha l’energia più alta dello spettro visibile: la carica necessaria per stare alla base della Piramide Cromo-Emotiva e sostenere tutti gli altri colori/emozioni. Mentre il Giallo, che rappresenta principalmente creatività e libertà, ha aspetti dinamici il Viola rappresenta soprattutto la predisposizione al cambiamento senza per questo dover necessariamente cambiare subito. Rappresenta la comunicazione fra la sfera delle emozioni associate a “qualcosa” (punta calda – rosso/magenta) e quella delle emozioni pure e semplici che esistono “a prescindere” (base fredda – blu/ciano). Mentre gli altri colori sfumano uno nell’altro, fra il viola e il magenta c’è il campo del non visibile, quindi questa comunicazione non è pienamente consapevole, piuttosto è inconscia e siccome le emozioni non hanno tempo diverse informazioni fluiscono in questo scambio comunicativo portando ad agire talvolta in modi apparentemente inspiegabili, almeno a livello razionale. Il Viola quindi rappresenta l’esito conscio e visibile di una comunicazione ben più ampia che si sviluppa su un altro livello.


ESERCIZIO

Vi propongo di focalizzare l’attenzione su un area specifica della vostra vita dove volete cambiare qualcosa e poi fare l’esercizio proposto di seguito.

Per prima cosa vi presento il concetto di “elastico”
Il nome “disinnesco dell’elastico” è di Erskine (1974) e si riferisce al voler disinnescare quel meccanismo che ci fa agire nel presente così come abbiamo appreso da piccoli… ma ciò che potevamo fare da piccoli per reagire in certe situazioni è diverso dalle possibilità attuali. Si tratta di liberare le proprie capacità rimaste bloccate nell’abisso del passato…

L’esercizio non è un classico metodo “cognitivista”, piuttosto ha una forte componente emotiva che richiede esperienza nel rilevare le dinamiche emotive e i processi in atto in certe situazioni: è per questo che un tempo impiegavo più tempo ad aiutare gli altri e ora invece sono più veloce.

Spesso si porta l’attenzione alla ricerca nel passato di qualcosa di simile al presente ma lo si fa in termini di contenuti… di quando si provavano certe sensazioni… invece è il processo che deve essere colto. Si tratta di dinamiche emotive che sottilmente si ripetono senza che quasi ce ne rendiamo conto.


Ecco la traccia dell’esercizio:

1) Individuare un momento recente e significativo in cui hai avuto “il problema” (qui la maggior resistenza si sintetizza nella frase “sono tanti i momenti in cui mi capita” – è importante sceglierne uno, solo uno!)

2) ipotizzare quale potrebbe essere un cambiamento positivo della situazione (qui di solito si pensa a ciò che di diverso si vorrebbe dagli altri. NO. È importante portare l’attenzione a l’unica persona su cui si può agire direttamente: se stessi)

3) immaginare di avere una tv davanti e rivedere la scena come se stesse succedendo in quel momento fino ad arrivare al “punto critico”, ovvero al momento in cui si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso e osservare quell’istante come se fosse alla moviola.

4) far emergere, rispetto al punto critico, tre cose:
A) l’emozione prevalente di quel momento tipo ansia, paura, rabbia, preoccupazione…
B) i pensieri di quel momento collegati all’emozione
C) le azioni pratiche messe in atto.

5) da emozioni, pensieri e azioni del punto critico (qui spesso si fa confusione fra il punto critico e ciò che può esserci un istante dopo) cogliere qual è la dinamica che avviene e lasciarsi andare in un respiro profondo per far emergere il primo ricordo (uno solo, il primo!) che arriva dell’infanzia: non è per forza una situazione dove già si faceva ciò che si fa adesso… anzi il contrario: è dove lo si ha imparato. Può capitare però che, per esempio, da piccolo fosse tutto perfetto, un’ottima famiglia e si scopre di “non” aver imparato qualcosa, come ad esempio a difendersi nelle situazioni critiche perché in famiglia andava tutto bene e non ce n’era bisogno (mi sono capitati clienti così… iperprotetti)

6) cogliere cosa pensavi, sentivi e facevi quando eri piccolo in quella specifica situazione (non in altre simili, in quella!), cosa hai imparato? Cosa c’è di simile fra allora e oggi? (qui non tutti riescono a fare il collegamento subito, dipende da quanto ci si cala emotivamente nelle due situazioni individuate e dalla capacità di andare oltre ai contenuti e osservare i processi)

7) tornare alla situazione attuale e individuare cosa c’è di buono e cosa voler cambiare: per esempio spesso c’è di buono l’azione eseguita e i relativi pensieri, ma il tutto fatto con una emozione negativa; a volte sono negativi tutti e tre… dipende anche dal momento del punto critico scelto: conviene cercare il primo istante in cui il processo ha inizio.

8) consapevoli che ora da adulti si hanno risorse che prima non si avevano, immaginare di guardare la tv dove si ripete la scena mentalmente fino a che, avendo modificato solo qualcosa di se (pensiero, emozione o azione che si condizionano a vicenda) si è pienamente soddisfatti. Qui la resistenza è: “ma non ci riuscirò mai nella vita…”. Nessuno chiede di farlo. Qui si chiede solo di immaginarlo fino a percepire la piena soddisfazione come se il passato si fosse veramente sviluppato nel nuovo modo immaginato… come se fossimo dei registi che modificano il film e l’unica persona su cui possiamo agire siamo noi stessi.


Questo esercizio è come se creasse “un precedente”… ci si abitua ad un nuovo comportamento, a nuovi pensieri ed emozioni. Nessuna pretesa di mettere in pratica, nei giorni seguenti, le nuove modalità, piuttosto l’invito è quello di osservarsi e notare come ci si comporta: se va male si rifà l’esercizio per la nuova situazione andata male (di solito la maggior parte dei successi arriva dopo due o tre ripetizioni, ma se l’esercizio è fatto bene i risultati si vedono anche subito), se va bene ci si può chiedere “come ho fatto? Cos’è che mi ha aiutato a vivere diversamente il presente?”

Tutto ciò che ho scritto per me è solo una estrema sintesi dove ho riportato solo alcune delle possibili reazioni di boicottaggio all’esercizio e relative osservazioni per superarle. Fare l’esercizio da soli le prime volte può essere difficile perché si è coinvolti/travolti. Non è un esercizio meccanico, è dinamico… Ma tu, lettore, se vuoi puoi provarci… e poi magari farmi sapere come è andata…

Dr. Saverio Caffarelli – Psicologo/Psicoterapeuta




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